In un recente articolo Carlo Russo ha avuto modo di approfondire un tema che appare orami ineludibile e di pressante attualità come quello dell’equità razziale e di genere all’interno delle aziende. Un tema la cui centralità appare in tutta la sua evidenza, anche se il raggiungimento di una economia sostenibile appare ancora irto di difficoltà, l’economia non potrà che trarre significativi vantaggi da una forza lavoro più diversificata per razza e genere, comprese le competenze, le esperienze e la creatività di una leadership diversificata.
Da un lato si assiste, infatti, ad un mercato azionario che, durante la crisi pandemica, ha visto aumentare in maniera esponenziale la ricchezza di un gruppo di azionisti per lo più bianchi e privilegiati, dall’altro si registra una crescente e sempre più significativa domanda per gli investitori di una maggiore ricchezza di genere, etnica e razziale all’interno dei consigli di amministrazione, supportata anche da una ricerca accademica che non manca di evidenziare il valore della diversità ai fini delle prestazioni aziendali.
Un solido quadro di governo aziendale trova un suo pilastro fondamentale nel consiglio di amministrazione. Studi autorevoli suggeriscono che una delle modalità più efficaci per rendere più efficiente la governance aziendale consiste proprio nella diversificazione del consiglio di amministrazione.
Quando si fa riferimento alla diversità all’interno dei consigli di amministrazione immediatamente si pensa a quella di genere, ma essa si può declinare anche attraverso altri fattori, come ruoli degli amministratori non esecutivi, razza, età, qualifiche professionali e titoli di studio, ma anche elementi meno tangibili come attitudini personali ed esperienza.
Ma, concretamente, quali vantaggi può apportare la diversità del consiglio di amministrazione sulle dinamiche aziendali. Riassume efficacemente sul punto Carlo Russo, elencando:
La diversità dei punti di vista diversi è in grado di influenzare sempre positivamente il processo decisionale anche all’interno di un’azienda.
È oggetto di dibattito la relazione tra prestazione aziendali e diversità del consiglio di amministrazione. Le quote, per quanto si assista ad una sempre più larga diffusione a livello globale, sono considerate da alcuni controproducenti, quello che, invece, appare sempre più certo è che una leadership eccessivamente omogenea rappresenta un vero e proprio rischio di impresa.
A questo proposito, Carlo Russo cita importanti e accreditati studi come Gender 3000 di Credit Suisse, Diversity Wins di McKinsey e il recente rapporto della London Business School, SQW e FRC Board Diversity and Effectiveness nel FTSE 350 che attestano chiaramente la correlazione tra prestazioni aziendali e board diversity.
In particolare, Gender 3000 di Credit Suisse illustra una correlazione positiva tra una maggiore diversità di genere nelle posizioni di leadership e il miglioramento dei rendimenti del capitale, della performance ESG e dell’andamento del titolo. Quanto più strutturata è la diversità all’interno dell’azienda tanto più consistente ne è il rapporto.
Per quanto non si possa parlare esplicitamente di un rapporto diretto di causa effetto, le analisi evidenziano una correlazione esplicita e stabile tra performance aziendali e board diversity,con l’osservazione di più alti margini e minore volatilità e conseguenti maggiori ritorni sul capitale. L’andamento dei prezzi e la valutazione di tali società mostrano un andamento premiale rispetto ai loro omologhi con minore diversità.
Nonostante il dibattito e le intenzioni espresse da molte aziende i progressi nella direzione di una effettiva ampia rappresentanza di genere e razza all’interno dei consigli di amministrazione sono molto limitati. Le azioni concrete che possono essere messe in atto dalle singole aziende vengono così riassunte da Carlo Russo:
un’attenta analisi della composizione del consiglio in modo da colmare le eventuali lacune;
eliminazione di quei criteri e processi di selezione che storicamente hanno privilegiato candidati al consiglio con background demografici, educativi ed esperienziali simili;
standardizzare e riformare il processo di selezione;
sviluppo di strategie finalizzate al miglioramento dell’equità razziale e di genere all’interno del consiglio;
creazione di un pool diversificato di candidati da cui attingere. Oggi ci sono più risorse rispetto al passato per trovare candidati. Le aziende potrebbero valutare la possibilità di collaborare con nuovi membri o organizzazioni imprenditoriali;
società di consulenza nuove o esistenti sono in grado di offrire specifici servizi per affrontare la sfida della pipeline per individuare candidati migliori per un consiglio di amministrazione anche in ottica di diversificazione.
La ricezione di questo processo può rivelarsi lenta e difficoltosa dal lato delle aziende e, in questo, potrebbe rivelarsi di decisiva importanza il sostegno legislativo e politico. Un primo passo, come suggerisce Carlo Russo, potrebbe essere “richiedere alle società di divulgare completamente i dati e le politiche sulla diversità del consiglio di amministrazione”.
Come non manca di evidenziare Carlo Russo, l’avvio di una politica di diversificazione del board aziendale è un processo non esente da difficolta e costi, come potrebbe essere la riduzione della coesione del gruppo, il possibile attrito tra i membri e la compromissione della fiducia reciproca. Tuttavia, occorre essere ormai consapevoli del fatto che un singolo amministratore non è nella condizione di gestire la diversità di competenze, informazioni e disponibilità necessarie per comprendere e governare le complesse attività di oggi.
Diventa obbligatorio un vero e proprio cambio di mentalità dei membri del consiglio che permetta al suo interno l’accoglienza una effettiva eterogeneità e lo stabilirsi di un rapporto di fiducia tra i suoi componenti, che favorisca un efficace lavoro di squadra.